La Giornata della Memoria è probabilmente all’interno dell’anno il momento più importante per parlare di Storia, di Memoria, dell’importanza e necessità di ricordare, e via dicendo. Ma è davvero utile una Giornata della Memoria? Serve davvero?
Rispondere a questa domanda è un’impresa difficile, ma partiamo anzitutto dal perché esiste questa giornata e a cosa riferimento (anche perché, come rileva un recente sondaggio di SWG, circa un italiano su due non sa che il 27 gennaio è il Giorno della Memoria). Il “Giorno della Memoria” è stato istituito a livello internazionale dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2005, mentre in Italia con una legge di qualche anno prima (2000). In questo giorno si ricorda la Shoah, ovvero lo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti, prima e durante la seconda guerra mondiale. Tale giornata si celebra il 27 gennaio perché quel giorno nel 1945 venne liberato dall’Armata Rossa il campo di concentramento di Auschwitz, il più grande realizzato dai nazisti e quindi un (tragico) simbolo della Shoah.
Come invita anche la legge italiana, in occasione del Giorno della Memoria vengono organizzate commemorazioni, cerimonie, iniziative, in modo particolare nelle scuole, al fine di ricordare quanto è accaduto. Si tratta di una consuetudine sicuramente positiva, sacrosanta. Si depongono corone davanti ai memoriali ebraici. Si fanno discorsi di commemorazione. Si guardano film in classe e poi se ne parla insieme. Si fanno letture di libri sulla Shoah in biblioteca. Si va a teatro ad ascoltare un monologo sull’Olocausto. Si guardano video o documentari televisivi con i testimoni sopravvissuti. E tante altre, importantissime, cose. Si ricordano Auschwitz e i campi di concentramento, si fa riferimento alle persecuzioni ingiuste subite dagli ebrei, si elencano le colpe di Hitler e della Germania nazista.
Benché tutto giusto, quello che viene fatto rischia di dare una percezione sbagliata della vicenda, una percezione in cui prevale il senso dell’alterità, di dare l’idea che quello di cui si sta parlando sia qualcosa di altro, qualcosa che non ci appartiene. Perché in fin dei conti la Shoah è qualcosa che è successo lontano da noi, sia geograficamente (Auschwitz, la Germania, il centro Europa, senza precise coordinate geografiche) sia cronologicamente (si tratta di decenni e decenni fa, un tempo vagamente storicizzato), ed è poi qualcosa che ha colpito altri (gli ebrei, vittime assolute) e che è successo per colpa di altri (i tedeschi nazisti, brutti e cattivi).
In verità l’Olocausto non ha riguardato solo gli ebrei ma anche gli omossessuali, i disabili, i rom, gli slavi, i testimoni di Geova e tanti altri, inoltre è stato compiuto anche dall’Italia fascista, con le sue leggi razziali e le sue deportazioni di ebrei, e nonostante sia avvenuto decenni fa e qualcosa che riguarda ancora il nostro presente. Insomma, è qualcosa ce ci riguarda. La Memoria dell’Olocausto è qualcosa che ci appartiene.
Ma allora serve davvero un Giorno della Memoria? Ecco, la Memoria non può essere relegata ad una sola giornata all’anno. E il fatto che ci sia tale giornata e che ci siano alcune commemorazioni non è una garanzia contro il ripetersi e il perpetuarsi oggi di avvenimenti che in qualche modo si legano a quella memoria. Non basta scrivere sui social una frase di Primo Levi, non basta vedere un film sulla Shoah a scuola, oppure in televisione la sera del 27 gennaio, non basta aver letto il diario di Anna Frank o “Se questo è un uomo”, non basta deporre una corona ad una lapide: sono tutte cose importanti, utili, ma non bastano. Non serve una giornata della memoria. Serve che la memoria sia tutti i giorni. Perché la memoria è una pratica, è un impegno attivo, che deve essere portato avanti ogni giorno.
Serve davvero una Giornata della Memoria?

1 commento
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Donatella
Concordo pienamente con il taglio dell’articolo.